Ogni anno ci ritroviamo a ricordare ad alcune persone che no, l’8 marzo non è la “Festa delle donne” né un’occasione per riverire la propria partner per 24 ore correndo nei negozi a comprare fiori, lingerie e altri beni di consumo tanto futili quanto inutili. Sebbene, di tanto in tanto, mi capiti ancora di ricevere newsletter vecchio stile che mi suggeriscono di comprare questo o quell’orologio per festeggiare il semplice fatto di appartenere al genere femminile, devo ammettere che la mentalità sta cambiando e che questi messaggi, per fortuna, sono sempre più rari.
Lungi dall’essere un altro San Valentino (argomento per un altro articolo), l’8 marzo fu designato ufficialmente dall’ONU negli anni ’70 del secolo scorso come la Giornata internazionale della donna per legittimare la lotta di emancipazione portata avanti dalle donne dalla fine del XIX secolo. È una giornata dedicata all’attivismo femminista per l’uguaglianza dei diritti fondamentali perché, per quanto la cosa possa sorprendere alcuni, in fin dei conti siamo tutti degli esseri umani.
Noi donne rappresentiamo quasi la metà (49,6%) della popolazione mondiale: circa quattro miliardi di persone che hanno il diritto non solo di esistere ma anche di crescere in modo sano, andare a scuola, sentirsi al sicuro, votare, decidere cosa fare del proprio corpo, scegliere una carriera, viaggiare nel mondo, guadagnare quanto gli uomini e così via. Insomma poter vivere liberamente, dignitosamente e serenamente.
Il progresso è lento
Ad essere del tutto sinceri, quello dell’orologeria è un settore che soffre un po’ di sessismo. A quanto pare, la meccanica è considerata una cosa da uomini (il che è curioso dato che il primo orologio da polso è stato realizzato dal più grande orologiaio del mondo per una regina, che era una delle sue clienti più importanti e fedeli) e gli orologi di marche di fascia media e alta non sempre hanno prezzi accessibili a noi donne perché, non va dimenticato, in genere guadagniamo molto meno delle nostre controparti maschili.
Ovviamente non posso parlare a nome di tutte ma voglio condividere con voi le mie esperienze e considerazioni, frutto dei 19 anni passati in questo ambito. La buona notizia è che il settore è ben consapevole di questa dicotomia e insieme ad alcune marche sta cercando di diventare sempre più inclusivo. Dopo tutto stiamo parlando di quattro miliardi di donne: una quantità enorme di polsi da vestire.
La fine del cliché di diamanti, madreperla e fiori?
Per molto tempo, l’orologeria femminile si è limitata a creare versioni più piccole di modelli concepiti per gli uomini infiocchettando il tutto con un po’ di diamanti qui, qualche incisione di ispirazione floreale là, un tocco di madreperla e varie tonalità pastello. Le donne sono state trattate alla stregua di bambine semplicemente non in grado di comprendere la vera bellezza dell’alta orologeria meccanica. Proprio per questo, per la maggior parte degli orologi da donna si optava per calibri al quarzo.
La mia carriera di giornalista specializzata in orologi è iniziata nel 2011 e fin da subito ho puntato il dito contro il processo di miniaturizzazione sistematica che non lascia spazio alla creatività e contro il bisogno percepito di dover suddividere gli orologi in base a categorie di genere. Non sto parlando di categorie come orologio sportivo, cronografo, ecc. ma di stabilire chi deve indossare un determinato tipo di segnatempo.
Il tempo è di tutti
Una delle poche cose a cui tutti siamo soggetti in egual misura è il tempo: scandisce le nostre vite, sia che siamo giovani o vecchi, ricchi o poveri, di una nazionalità o di un’altra, uomini o donne. È universale e le marche dovrebbero prenderlo in considerazione prima di destinare un prodotto a un target di riferimento specifico. Per quanto non manchino i segnali di una graduale evoluzione, i brand continuano a mantenere la suddivisione tra i vari generi.
Quando cerco un orologio su un sito internet, vorrei poterlo fare in base al materiale, alla funzionalità, al diametro o a qualsiasi altra caratteristica, e non in base alle decisioni prese da una marca di orologi su cosa dovrei indossare in quanto donna. La libertà di scelta è un diritto fondamentale e la creazione di barriere psicologiche, come consigliare alle donne di scegliere determinati orologi piuttosto che altri perché gli uni sono più adatti a loro, limita questo diritto. È frustrante, ostacola il potenziale acquisto e riflette un atteggiamento sessista. La scusa che “dipende dal mercato” perché alcuni Paesi probabilmente preferiscono questa categorizzazione non ha alcun valore.
Meccanica per tutti
L’affermazione che le donne “si sentono più a loro agio” con gli orologi al quarzo è tanto irritante quanto diffusa. Come già accennato in apertura, il primo orologio da polso non solo è stato commissionato da una donna (nel 1810), acquistato da una donna (nel 1811) e indossato da una donna (nel 1812), ma era anche un orologio meccanico.
Non è una questione di affinità ma piuttosto di regole culturali e, non dimentichiamolo, anche di offerta. Maggiore è il numero di orologi meccanici prodotti, maggiore sarà il numero di persone che potrà indossarli. Rendere questi movimenti più democratici e progettare versioni con diametri più piccoli ma altrettanto performanti, come sta facendo Bulgari con il Piccolissimo, è la chiave per riuscire finalmente a sfatare i preconcetti sulle preferenze femminili. Mia nonna indossava orologi meccanici, mia madre li indossa tuttora e lo stesso vale per mia figlia. E non siamo nemmeno una famiglia con una lunga tradizione orologiera.
Il trend “gender fluid”
Per contrastare i dettami della nostra società eteronormativa, gli approcci “gender fluid” o “non binari”, tesi a sfumare i contorni tra maschile e femminile senza riferimenti all’orientamento sessuale, hanno portato a una visione più ampia del mondo, che da circa cinque anni ha iniziato a farsi largo anche nel nostro settore.
Hublot, ad esempio, propone il Big Bang (modello a lungo associato a un pubblico alquanto virile) in diverse tonalità da poter mettere ai polsi le donne, soprattutto dopo aver riadattato il suo calibro di manifattura Unico affinché entrasse in una cassa da 42 mm. O dite che Hublot voleva indurre gli uomini ad indossare colori pastello? Seguendo il suo esempio anche altre aziende hanno deciso di rivedere le proprie proposte. Ad esempio, Zenith ha reso il Chronomaster Sport un prodotto per tutti, Oris ha inserito un quadrante salmone nella linea ProPilot X e Tissot ha puntato sul PRX unisex. Ma le vecchie abitudini sono dure a morire e sono ben poche le marche pronte ad uscire dalla propria comfort zone, con la conseguenza che continuano a perpetrare l’associazione tra meccanica e mascolinità, da un lato, e l’insopportabile combinazione di diamanti, madreperla e fiori per le donne, dall’altro.
Un punto su cui lavorare: l’ergonomia
Un altro argomento da non sottovalutare è quello della lunghezza dei cinturini e delle chiusure, soprattutto quelle pieghevoli. In boutique mi è capitato spesso di dover fare i conti con commenti del tipo “È un orologio da uomo” (come se questo giustificasse lo standard) in risposta alla mia domanda se avessero un cinturino in pelle più corto, o ancora: “È l’orologio di suo marito?” quando volevo rimuovere alcune maglie. E non sto parlando della fascia media ma di esemplari che costano più di 8.000 euro. Per quanto riguarda le chiusure, raramente sono progettate in modo ergonomico per tutti i polsi: a volte possono sporgere e quindi risultare scomode sbilanciando l’intero orologio e facendo ribaltare la cassa verso l’esterno.
Ci sono uomini che amano indossare orologi più piccoli del mio (penso a mio fratello minore che è un collezionista di esemplari vintage ed è abituato a portare modelli da 36-38 mm) e/o hanno polsi sottili come il mio (circa 15,5 mm). Quindi, non è una questione di appartenenza a un genere o all’altro, ma piuttosto di morfologia e di gusto. L’ideale sarebbe avere bracciali di tre lunghezze (S, M e L) con i fermagli abbinati. E i rivenditori dovrebbero essere addestrati a trattare come si deve qualsiasi cliente che si presenta per una prova con il suo cronografo da 42 mm di diametro!
Giornata internazionale della donna 2024: all’insegna dell’attivismo
Finora mi sono concentrata sul prodotto in sé, ma con l’avvicinarsi della Giornata internazionale della donna, non posso non sottolineare la mancanza di rappresentanti femminili nelle posizioni chiave del settore. Il tema scelto quest’anno dalle Nazioni Unite per questa ricorrenza è: “Investire nelle donne per accelerare il progresso” e va detto che nell’orologeria le posizioni dirigenziali sono occupate prevalentemente da uomini. Le poche donne che ricoprono ruoli di questo tipo ricevono spesso aspre critiche, a volte si arriva persino ad attaccare il piano personale.
Questa mentalità deve essere rivista e rielaborata, a partire dalle politiche di assunzione e promozione, per superare un sessismo profondamente radicato, creare fiducia e riconoscere gli sforzi costanti delle donne per dimostrare che sì, anche noi apparteniamo alla splendida famiglia dell’orologeria.